lunedì 28 dicembre 2020

Perchè NON sei un "Parkour Athlete"

Miti & leggende dal passato: cos'è il Praticante? Questa figura con cui i pionieri della disciplina si identificavano e che ormai viene rilegata ai libri di storia del Parkour, assieme ad altri termini sempre più inconsueti (come ad esempio "traceur"), è ancora ad oggi il modo con cui una buona fetta delle persone con le gambe in pasta, in quest'area di movimento, definisce sé stessa.

Atleta, Artista, Freerunner, passando per il dubbioso "parkourer" sono i vocaboli oggi sempre più comuni.  Ecco invece perché dal mio punto di vista "Praticante" continua ad essere non solo il termine più sobrio per definire gli individui di questa comunità in movimento, ma effettivamente il modo più corretto per definire la stragrande maggioranza di queste persone!

"Il Praticante è un esploratore. Si crede un atleta, ma spesso è troppo cazzone per esserlo. È un buffone ma sa cosa vuol dire la serietà. Sa curarsi (male) con le sue mani. Ma soprattutto è guidato da una fortissima curiosità e voglia di vedere oltre il proprio naso e i propri limiti. E odia i programmi."

Questa la descrizione poetica che davo del praticante nel mio precedente post. Poter dire che questo è l'assoluto archetipo di ogni praticante che ho incontrato in questi anni sarebbe ingiusto.

Le persone sono diverse e si approcciano ad una determinata cosa relativamente "aperta" portando la propria personalità, la propria esperienza e diverse risorse, che possono risultare in ampio contrasto con questa definizione. Tuttavia sono abbastanza sicuro che chiunque abbia vissuto il Parkour - o una qualsiasi disciplina - da pioniere possa riconoscersi in almeno uno o più di questi aspetti e che alla radice di tutti ci sia almeno un barlume di voglia di esplorare.

Perché all'inizio di questa avventura c'è stata un'occasione di scoperta. Ed una grandissima ignoranza di base. E da questa la possibilità di indagare una determinata cosa anche fraintendendola, ma rendendola personale, unica, ricca di immaginazione ed idee.
Per non parlare delle esperienze, quali il dormire su un tetto con un sacco a pelo, l'allenarsi con persone dall'altra parte del mondo o lo sperimentare sfide concettuali.

Ed è questo che sta a capo della grandissima diversità che possiamo ammirare nel Parkour e che, al di là dei dub full e dei side prec (o di un qualsiasi movimento x di moda per un determinato periodo), continua a resistere alla faccia di chi vuole standardizzare questa disciplina, rendendola un set di movimenti stereotipati valutabili a punteggi.

Quindi chi fa Parkour non può semplicemente essere definito un Artista?

Dal mio punto di vista no. Non del tutto almeno.

Ora, non voglio entrare nell'ancor più intricato mondo di cos'è Arte e cosa non lo è e mi appoggerò alla vaga definizione di "espressione di sè", mediante uno strumento-corpo.
Sebbene non neghi che il fattore espressivo sia qualcosa che caratterizzi la disciplina, specie nelle sue forme più estetiche, credo ci sia qualcosa di più forte della volontà di esprimere sé stessi. Ad esempio qualcosa che (almeno all'origine) pende molto di più verso il mondo generale dello Sport e dell'Atleta:

Il gioco.

Hai perso.

Che sia con i propri fra, homies o buddies, la voglia di giocare anche a qualcosa che diventa molto serio come una sfida, assieme a quella del superare i propri limiti, è quello che avvicina molto di più il praticante di parkour/add/freerun al mondo dell'atleta - dilettante per lo meno -.

Dunque se chi pratica queste discipline è un po' atleta ed un po' artista (ma sostanzialmente nessuno dei due), ed è un qualcuno che ha imparato principalmente su di sé, senza "scienza" sulle spalle ma con la ricerca e l'esplorazione personale, allora Praticante è proprio la parola che fa al caso giusto.

Ma nel dettaglio cos'è un praticante? Lascio a voi le conclusioni con il seguente diagramma di Venn.

Premetto che questa è un'interpretazione personale dei vari elementi alla radice di ogni ambito. Non una verità assoluta. Perché (fortunatamente) non è tutto bianco o nero, e un atleta può imparare ad improvvisare (vedi gli sport di situazione) e un artista può essere fortemente legato ad un obbiettivo o meglio ancora basarsi sul gioco. Per non parlare poi di tutti gli sport di combattimento, un mondo parallelo ancor più grande e complesso.

Allo stesso tempo facendo un'approssimazione di categorie molto grandi e prendendo a riferimento le discipline nei dintorni del Parkour, è improbabile che molti di questi concetti non emergano in quella posizione.



I punti di incontro sono da intendere propri di quelle categorie nate dalla fusione tra le diverse macroaree


Infine:

È così importante dover dare un nome a cosa si è e a cosa si fa?

No
.

Però nel qual momento lo si dà è importante capire qual’è la propria identità. Per onestà verso gli altri o verso sé stessi. Per preservare una cultura giovane che già si perde via lavata da ventimila novità, sempre più frammentaria, inconsistente e colonizzabile. O semplicemente per avere un punto di riferimento chiaro nel qual momento ci si voglia distaccare da quell'identità per muoversi verso un'altra direzione.



tl;dr: Definirsi "parkour athlete" spesso non è del tutto onesto/corretto ed è relativamente importante al fine di preservare un'identità comune nel parkour.



*che a sua volta conta numerosi nomi e sfumature.


2 commenti:

  1. Adoro ogni parola che hai scritto Ravi. Ah no, Ivan.

    Comunque bisogna trovarsi di personaaaaaaa, ci stanno troppe cose di cui parlare xD. Poi in questi giorni ho un fottio di pensieri a riguardo, su cosa cercare di portarsi davvero a casa ogni giorno di questa pratica in cui ci siamo trovati (praticamente per sbaglio, almeno nel mio caso).

    PS: il blog fa proprio anni 2000, nel bene e nel male ;D

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    1. 2000 nel cuore. Non vedo l'ora ci si possa trovare di nuovo.

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