lunedì 20 febbraio 2012

They said me: don't give up! But how?

Questa frase è un po' la situazione riassuntiva degli ultimi giorni, qua a Sydney, città nella quale sono arrivato da una settimana e mezza. Eh si, il mio famoso obiettivo del post precedente è proprio l'Australia, obiettivo con il quale ora mi ci devo confrontare con tutte le difficoltà che comporta: prima di tutto il constatare che Sydney è una delle città più costose al mondo, poi che il mio livello di inglese seppure non scarso risulta il più delle volte impacciato e timido e il cercare di tradurre le miriadi di accenti con cui mi devo confrontare è un compito estremamente faticoso. Con queste prerogative mi sono messo a cercare lavoro prima di quando mi ero prefissato, non so quanto mi ci vorrà ad ottenere lavoro ma prima mi muovo per evitare di trovarmi con l'acqua alla gola meglio è. La situazione qua non sembra delle migliori, l'alta stagione sembra essere quasi al termine e persino i madrelingua sembrano in difficoltà... di certo inglesi e altri anglosassoni ambiscono mediamente a lavori più prestigiosi, molti di loro non sembrano neanche seriamente alla ricerca o preoccupati, e altri ancora sono addirittura fuori ogni sera a fare baldoria (Kings Cross per inciso è uno dei quartieri più malfamati d'Australia, una specie di Jesolo perennemente in alta stagione con in più locali a luci rosse, prostitute e fumatori di crack giusto appena messo il naso fuori dall'ostello, ciononostante ridicolamente sicuro rispetto alla stazioni dei treni media nelle nostre grandi città). Tuttavia alcuni, come il tizio americano ex-compagno di stanza, sebbene madrelingua, sembrano prettamente negativi sulla situazione locale e di certo poco incoraggianti. 
Ovvia la conclusione: se non ce la fanno loro che parlano la lingua, ce la farò io che mi tocca far ripetere due o tre volte la stessa cosa?

Tuttavia la situazione in verità non è così tanto negativa come sembra, di certo è preoccupante ma almeno la prima ricerca ha dato i suoi piccoli risultati: al quinto curriculum consegnato ho trovato un lounge bar/ristorante dove mi hanno detto che erano al completo di personale ma che per quella sera (sabato) necessitavano di una mano... tempo di tornare di corsa all'ostello, lavarmi, mettermi una camicia e pantaloni lunghi come da loro richiesto, cenare con una banana e alle 6 p.m. ero di nuovo là. Il mio compito sostanzialmente consisteva nel fare l'aiutante al bancone, principalmente lavare bicchieri, lucidarli, di tanto in tanto tagliare la frutta per i cocktail, aiutare a prepararli (per inciso roba che non potrei fare non avendo la licenza per maneggiare alcolici, ovviamente se non per consumo personale), tenere pulito e portare fuori la spazzatura, più altri lavoretti vari al momento. Di certo l'agitazione la sentivo per bene, muoversi su un ambiente lavorativo a me sconosciuto (anche se sul curriculum è scritto il contrario), con colleghi e titolari quasi tutti puramente australiani e con un accento quasi totalmente indecifrabile è qualcosa che qua definisco "pretty scary". Fortunatamente per me il barman, nonostante l'incomprensibilità di ciò che diceva, è riuscito a farsi intendere sufficientemente anche a gesti per permettermi di capire cosa dovevo fare, di conseguenza io ho agito aiutandomi con un mio leggero talento che è quello dell'improvvisazione, sfruttando le precedenti esperienze lavorative come esempio, cercando di tenere alta la concentrazione e sembrare parzialmente a mio agio. Ovviamente molto easy all'inizio e fucking terrible dopo:  il numero crescente di persone comportava un numero sempre maggiore di bicchieri (dio quanto bevono gli aussie), caricare carrelli in lavastoviglie sempre più pesanti e traballanti, asciugare sempre più velocemente, rilavare le stesse cose perché lo straccio iniziava ad essere sporco e di conseguenza lasciava residui. Bilancio totale su 3-400 glasses lavati in 5-6 ore, solo due da champagne rotti e una decina da vino messi via con aloni evidenti. Padroni contenti, mi hanno ricompensato con due birre bevute in loco (una stupenda Estrella Galicia spagnola e una dolciastra e stomachevole The Apple Thief australiana) e 85 dollari cash-in-hand. Non moltissimo secondo lo standard australiano, ma comunque il minimo salariale di 15$ più un 2$ di tasse escluse essendo in nero, un punto d'inizio tutto sommato, accompagnato dalla promessa (mah) di richiamarmi appena avrebbero avuto bisogno. 

Tuttavia 85$ bisogna dire che coi costi qua sono quasi un cazzo di niente: 50 me ne andranno via per fare la spesa per mangiare, altri 40 per l'abbonamento settimanale a metro, bus e traghetti (quando i locali mi dicono che sono stati a Venezia, che è bellissima ma costosa mi verrebbe da dirgli "'r u fucking kiddin' me?"); per di più la prospettiva di fare il cleaner qua in ostello e avere qualche giorno di free-rent sembra difficoltosa, dato che le donne hanno il monopolio e ci sono una sfilza di persone in lista per questo. Quindi quello che mi serve è un lavoro sicuro e pagato almeno il minimo salariale, dato che di sicuro mensilmente spenderò non meno di 1400 dollari (350 per week) e con 2400 mensili riuscirei a metterne via abbastanza per stare qua un po' e poi muovermi con una base più solida. Qua purtroppo entrano in gioco le seghe mentali sul mio livello d'inglese, sulla mia capacità effettiva di ottenere un lavoro e non rischiare di finire tra gli exploited (non la band) che lavorano sotto altri italiani a stipendi in nero e da fame e non imparano l'inglese (10 dollari all'ora possono sembrare una buona paga in Italia, ma qua vuol dire che badando molto a spese riesci a metterne via non più di 200). Purtroppo rilassarsi a Bondi beach è un buon modo per prendersi una pausa dai problemi, ma appena metti il naso fuori quelli ti attanagliano e inizi a capire cosa vuol dire essere un immigrato: non capire bene la lingua, non sapere come muoversi in caso di soprusi, avere difficoltà a trovare un buon posto di lavoro, vedere i locali non fare sacrifici sulle cose come un pasto, desiderare le loro stupende donne (qua tra asiatiche, caucasiche e marsh-up tra etnie ci sono delle gnocche da paura) e sapere che invece te non puoi permetterti di comprare carne se non bacon, neanche cioccolata, mangiare fuori se non da un fastfood orientale o un fottuto hamburger e che se ti va bene puoi imbarcarti un'inglese brutta come la fame o se ti va male puoi essere stuprato da un muratore irlandese ubriaco che ti ha scambiato per la sua ex-girlfriend.

Una goccia di speranza e determinazione l'ho ritrovata oggi allenandomi all'Hide park in uno spot mostratomi  da alcuni ragazzi della scena locale (altro capitolo a parte). Potenziamento serio e condizionamento tosto di gambe, poi iniziare a lavorare su passaggi grossi con focus e determinazione. Non ho chiuso niente di nuovo che non avessi già fatto nell'allenamento precedente (una roba come 4-5 break the jump in un giorno, per i non addetti, passaggi che si ha paura di fare davanti i quali la propria sicurezza vacilla), ma ho lavorato con alta concentrazione e ritmo deciso, giungendo quasi alla meta (per gli addetti running precision da 9-10 piedi su muro da due metri e mezzo, dislivello un altro mezzo dallo stacco e 40 cm per l'atterraggio, ovviamente chiuso sempre in running-cat). Ma un allenamento del genere ti aiuta sempre a ricordarti quali sono i tuoi limiti e su cosa devi lavorare, che è attraverso la difficoltà che si giunge alla forza vera, non quella posticcia ed ostentata dettata dall'ego. Ciò è un aiuto in più sul quale fare riferimento per come dovrò agire i prossimi giorni.

Vedremo come va, intanto dopo una serata passata a lavare e stirare (brutti stronzi, 8 dollari anche per la lavasciuga), farmi da mangiare e rilavare, ora partecipo ad un drinking-game qua all'ostello con del mediocre vino australiano. Una cosa è sicura, in questo paese ci lascerò il fegato.