martedì 8 dicembre 2020

SULLE COMPETIZIONI (ANCORA?!)

Ritorno il più brevemente possibile sull'argomento, dopo averne dibattuto in passato (non sul blog ma su social). In questi giorni si sono svolti i campionati di "Parkour" FGI Rimini, che hanno visto partecipazione di alcuni atleti in vista del panorama italiano (più altri che sinceramente non conosco), la pubblicazione di alcuni articoli di stampa specialistica, un discreto clamore mediatico sui social da parte della comunità di pk/fr/add che dibatte giustamente sull'impatto che avrà la cosa in questione.

Ora prima di scrivere il mio pensiero e per massima trasparenza preciso che:

- faccio attività di corso con società sportive della ginnastica in qualità di collaboratore e coach di parkour;
- di cui una affiliata FGI e con una forte componente agonistica
- non formo atleti per competizioni e ad ora non mi è stato chiesto nulla in tale direzione
e (cosa che mi attirerà probabili future antipatie da parte di amici di lunga data):
- allo stato attuale NON sono totalmente sfavorevole alle competizione nel parkour

Fatte queste precisazioni ed evitando ulteriori preamboli riguardo il decorso del parkour mondiale all'interno della FIG che è un processo ormai avviato da qualche annetto, voglio specificare che l'impellenza di questo post nasce per dipanare un mio commento su facebook, ovvero il seguente:


Alla luce dei punti citati sopra credo sia facile tacciarmi di incoerenza ma cercherò sempre per punti (per cercare maggiore sintesi) di specificare tutto il mio pensiero a riguardo:

- NON SONO DEL TUTTO CONTRARIO ALLA COMPETIZIONE NEL PARKOUR. Sono contrario come lo ero in passato al doversi trovare a promuovere la disciplina attraverso un filtro competitivo in cui debba essere spiegato che il parkour può ANCHE NON ESSERE orientato all'agonismo. Questa cosa è una differenza che mi turba non poco, in più una disonestà nei confronti di me stesso e di tutte quelle persone che si sono avvicinate a questa disciplina(e) (comprese quelle a cui insegno) per la sua natura LIBERA senza voler essere inquadrate all'interno di un sistema performativo stereotipato la cui massima ambizione è classificarsi attraverso un sistema di punteggi.

- con tutto il rispetto che nutro nei confronti delle personalità della ginnastica con cui collaboro SONO CONTRARIO ALLE COMPETIZIONI FIG/FGI o gestite da qualsiasi federazione non figlia del nostro mondo (lasciando stare WFPF/IPF che sono figlie di imprenditoria pubblicitaria). Ritengo che se proprio ci debba essere un format competitivo quello debba nascere con canoni e punteggi stabiliti dalla comunità attiva, non da personaggi orbitanti per puro interesse privato.

- SONO CONTRARIO AL TIPO DI DIFFUSIONE MEDIATICA "POSITIVA" che ne deriva. L'idea che questa disciplina di scapestrati mal vestiti che saltano sui muri ora finalmente puliti dalla FIG sia conformata entro i parametri del socialmente accettabile è semplicemente ributtante. Come se l'abito facesse il monaco e non ci fossero persone "scapestrate" e mal vestite che dall'alba di questa disciplina lottano per il riconoscimento di ciò che facciamo in chiave positiva, di miglioramento individuale e sociale.
Qualcuno può dire che entrambe le realtà possono coesistere, io ci vedo una PERICOLOSA deriva verso una scissione di praticanti seri e per bene che fanno i contest in ambiente sicuro ed omologato e di sciroccati che saltano su cose senza averne l'autorità. Uno sputo in faccia a chi da anni lavora per un riconoscimento COMPLETO. Confido che la nostra realtà sia sempre più forte ed attraente di questa, ma ricordiamoci che le regole attualmente le fa la FGI/FIG.

- La "PENA" che provo è relativa alla dignità individuale. Di atleti fortissimi, mover straordinari, che si prestano a format di siffatta bruttezza, che snaturano ciò che c'è di bello ed artistico nel mondo del movimento inseguendo un sistema di punteggi stabilito da chi ha un filtro estetico che non combacia con il nostro. Lasciando poi perdere l'aspetto valoriale, del quale non vedo alcuno di questi atleti impegnato a specificare che questo NON è "vero" parkour. Capisco poi che come tutti si cerchi di "portare la pagnotta a casa", specie per chi viene da realtà più difficili e questo non lo critico, ma è veramente questo il prezzo? E questa la soluzione?

Ora che ho dipanato questi punti, il post può essere considerato già concluso. Ecco invece, per chi volesse, le specifiche per chiarire più a fondo.

La mia idea sulle competizioni NON CAMBIA, se mai, attraverso l'osservazione, migliora. Presupponendo che una società evoluta progredisce verso una direzione COLLABORATIVA anziché COMPETITIVA, la realtà dei fatti è che LA COMPETIZIONE È UN FATTORE INSITO NELLA NATURA STESSA, è biologica, umana, istintiva. E come ogni istinto va domato, non represso. Ne va colto il potenziale fortemente formativo e finalizzato correttamente. Negare questo fattore vuol dire negare la volontà stessa di dare continuità a noi stessi come specie.

Io sinceramente vivo come un deficit la mia mancanza di spirito competitivo. Specialmente quando si realizza di non vivere in una società prettamente collaborativa come idealisticamente si vorrebbe. E sinceramente non capisco perché ai ragazzi cui insegno debba essere negata questa esperienza in toto, come fosse il grande male del mondo e non ci fosse nulla di positivo da imparare.

Questo significa che bisogna per forza fare le competizioni di parkour?
NO! Questo significa che la competitività non deve essere trattata in maniera dogmatica e rifiutata, ma bensì integrata, fatta sperimentare in maniera sana, senza negare il RISPETTO per gli altri (visto come deriva negativa della competitività) e che il dialogo con l'"Ego" (il grande demone) debba essere favorito e dipanato anziché bastonato e mal soppresso, come in molti ho visto fare. La medaglia alla quale si deve poter ambire attraverso la competizione è quella dello sviluppo individuale e del proprio benessere psicofisico e questo passa in maniera imprescindibile attraverso un'opera di EDUCAZIONE. Sotto questo PUNTO IMPRESCINDIBILE, in cui si sancisce un limite di cosa può essere STRUMENTO e cosa può essere il FINE anche le competizioni organizzate da una società stessa possono essere utili, anche se non per forza necessarie.

Aggiungo che da come ho potuto osservare, spesso chi rifiuta la competizione parte da:

  • un rifiuto di mettersi in gioco e in confronto con altri per auto-sminuimento e poca fiducia in sé, che si manifesta solitamente nella paura del perdere
  • un'idea tendenzialmente negativa di pericolo incontrollato e di farsi male
  • la mancanza di volontà di omologarsi ad un sistema preconfezionato

Dal mio punto di vista tutte motivazioni SACROSANTE al rifiutare la competizione e qualsiasi tipo di pressione esterna nel fare qualcosa che si valuta intimo e personale. Ma bisogna anche essere certi che:

  1. Non ci stiamo prendendo in giro, rifuggendo da qualsiasi confronto per mancanza di onestà con noi stessi
  2. Non siamo noi ad essere impreparati di fronte ad una sfida impegnativa (come può esserlo quella della competizione)
  3. Non abbiamo qualcosa di irrisolto con il nostro "Ego" che ci fa gridare al lupo ogni volta che vediamo qualcosa che nel nostro mondo ideale mette in crisi l'auto-repressione che applichiamo

Con questa base fare sperimentare la competizione in maniera mirata ad ogni livello e stimolarne una visione critica senza dogmi credo possa non essere più un paradosso. Ad esempio attraverso il gioco. Che se ben strutturato, può anche fare sperimentare la vittoria a tutti.

Infine, riguardo alla "pagnotta da portare a casa": riconosco che alcune persone vivano in contesti più difficili e rarefatti dal punto di vista lavorativo, ma HEY. Ho 32 anni, ho scelto questa vita per questo momento e vivo nelle stesse difficoltà. Vivo autonomo, ho spese di affitto, cibo, utenze e trasporti e non chiedo soldi alla mia famiglia. Vivo di ristrettezze ed instabilità (mai come in questo momento), soppesati dalla bellezza di poter continuare a praticare movimento ogni giorno e lo faccio con dignità insegnando ciò che amo. So che non tutti sono inclini (per fortuna) all'insegnamento. Conosco la paura della mancanza di soldi, conosco le pressioni e le perplessità della famiglia, ma conosco anche la capacità di fare qualcosa di magari sgradevole ma onesto per potersi sostentare momentaneamente e continuare a muoversi. Conosco anche chi ha a malapena 20 anni e cerca di fare il botto della vita senza mettersi in gioco su nessun altro aspetto personale. E conosco anche chi da questa idea è stato tritato.

Per (finalmente) concludere, alcune precisazioni del caso:

- Volevo esprimermi su Antonio Bosso, che da anni seguo ed ammiro per la grande abilità nel muoversi e il lavoro che fa nel sociale in una realtà cruda come quella di Napoli e che mi ha fatto digerire anche i format più indigesti nell'ottica di questa sua missione. Non lo farò per i sentimenti contrastanti che la cosa mi genera.

- Non ho parlato dell'aspetto limitante in termini di movimento STEREOTIPATO nelle competizioni e conseguente difficoltà di stabilire dei canoni veri e propri per i punteggi in un mondo motoriamente aperto come questo. Per non parlare poi dell'aspetto MENTALE che è uno dei punti cardini della disciplina.

- Il mio ruolo rimane invariato. Continuerò a non essere formatore di atleti agonisti, anche se non negherò loro la possibilità di competere durante le lezioni. Non parteciperò alla creazione di alternative ai format della FGI perché non è nelle mie competenze, anche se sosterrò più qualcosa che viene dalla comunità che da fuori. I miei allievi saranno liberi di fare le loro esperienze in ambito, semplicemente non avranno il mio supporto in gara, ma neanche la chiusura di porte in faccia. Magari parteciperò di persona a qualche competizione, chissà.

3 commenti:

  1. tl;d:
    Le comps di parkour possono essere utili ma devono passare come mezzo, non come fine e attraverso l'educazione.
    Le comps della FIG sono brutte.

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  2. Bello e interessante. Per uno come che vive qua nella sua bolla, sentire delle ragioni così ben argomentate aiuta ad ampliare i propri orizzonti. Condivido al 90% tutto quello che hai scritto e magari benchè faccio fatica a digerirlo, perché sono vecchio e ho la flessibilità mentale di una spranga di ferro, le trovo razionalmente corrette.Invece per quanto mi riguarda, l'unica cosa che mi viene da pensare è che, se iniziassi ora ad avvicinarmi al pk e il primo approccio fossero quelle immagini di quelle gare, forse passerei oltre e non ci sarebbe certo quella "fascinazione" che mi prese anni fa

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    1. Mi trovi d'accordo. Alcune di quelle immagini sono già presenti non da ieri purtroppo e già da i primi anni di coaching ragazzi e i loro genitori venivano a domandarmi delle gare che avevano visto in rete. Purtroppo assieme a quelle immagini ci sono altrettante immagini assurde che deprimono e stroncano l'iniziativa delle persone per la loro natura esageratamente performativa e c'è da dire che l'azione di immagini sempre più veloci come su instagram spogliate di qualsiasi altro aspetto "affascinate" ancor meno aiutano nel quadro generale attuale.

      Credo invece che continui ad essere d'immenso valore chi come te e me continua a mostrare la propria pratica pur sapendo di non rientrare in quel manipolo di fenomeni dei social, proprio perchè mostra la genuinità e il piacere del migliorare e del muoversi e sperimentare i propri luoghi in maniera diversa anche con i propri limiti.

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