mercoledì 14 aprile 2021

La segreta Arte dell'allenarsi

Una decade e passa trascorsa nella pratica del Parkour/ArtDuDéplacement/Freerunning (o come si voglia chiamarla), mi ha visto in un costante cambio di approcci, tecniche e metodi d'allenamento volti al solo scopo di potermi allenare più spesso, più in salute e utopicamente sempre in crescita.
 
Non è difatti nell'abilità del muoversi, nella grazia delle proprie piroette e nella sinuosità delle linee che ad ora trovo la vera arte del praticare, bensì nella pratica stessa: nella capacità di incastrare adeguatamente lavori diversi, nel poter trarre sempre il meglio da un'attività spesso "spot based", adattando i propri obbiettivi a contesti diversi. Nell'imparare ad ascoltarsi e ad ignorarsi al momento giusto.
 
Nutrire una pratica di movimento ogni giorno, in una fase della vita che tendenzialmente vede una direzione discendente di certi tipi di performance, legati a fattori più marcatamente giovanili (si non menatemela col fatto che i picchi di forza si maturano dopo i 30 anni, il Parkour non è solo 1RM), ha lo scotto evidente del vedere un pugno di risultati a fronte di tonnellate di ore di lavoro.
 
La mia condizione è quella di chi ha buttato via l'adolescenza (ed oltre) seduto davanti a degli schermi e che ora cerca di recuperare quel tempo andato perduto. Cosa che porta a sbattere il muso più e più volte su realtà evidenti: sarò sempre in crescita ma non sarò mai il potenziale atletico che avrei potuto essere, con questa dedizione, a 16 anni. "I to anni e i me skei" (i tuoi anni e i miei soldi), come dicono i vecchi qua: due condizioni che assieme raramente esistono.
 
Sostanzialmente poco me ne frega ora come ora. Superato quel rammarico delle occasioni mancate, quel percorso sempre in crescita che sto avendo nel Parkour (faccio fatica a chiamarlo così ormai, ma è comodo) è qualcosa che va ben oltre la sola performance atletica da "crazystunts" e "parkourvines", pur nutrendosi in grande parte del lavoro su questa.
 
È una chiave di analisi di me stesso, di ricerca di verità attraverso il movimento, di dedizione ad un'idea e di solidità nello spirito. Dettate da una volontà, che spinta a fatica negli anni e senza farla mai riposare, pare ora implacabile.
 
L'arte concreta è quella di poter nutrire questo processo, con i minimi intoppi ed una buona resa, giorno per giorno, di anno in anno, in un'ipotesi di miglioramento costante.
 
Nel pratico ecco qualche idea/suggerimento di cosa faccio attualmente per potermi muovere a questi ritmi e nella  mia condizione attuale.
Non è un programma da seguire. Si basa sulla mia esperienza e su tutto ciò che ho fatto in passato per ottimizzare il mio fisico debole ad una pratica tassante sul piano sistemico/articolare. Però, come sempre, qualcuno può trovarci qualcosa d'interessante.

L'arte del praticare Parkour: alcuni elementi

- Intensità: il caro vecchio low impact day, che può voler dire tutto e niente, in base a come ci si sente di volta in volta. Può voler dire evitare gli impatti più tosti o diminuirli in volume. O se ci si sente proprio giù corsetta leggera, danza, un po' di corda, quadrupedia senza ottica di challenge e zero impatti da salti. In linea di principio: movimento per curarsi dal movimento. Il che è sempre meglio che starsene a casa sul divano (al quale dedicherei solo le giornate in cui si è veramente KO).

Quando poi si fanno tante cose e si hanno delle routines frequenti, non si può sempre pensare di dare il 100% in ogni cosa fino alla fantomatica settimana di scarico. Ma neanche di mollare il lavoro ogni qual volta ci si sente sfatti. Piuttosto darci un 60% rispetto a quello che si darebbe di solito, che risulta un buon compromesso tra dovere e riposo.

- Variabilità: una volta pensavo non si potesse saltare ogni giorno, adesso lo faccio. Però mi rendo conto che è un processo di adattamento, che prima di una certa soglia non mi è stato mai facilmente permesso dal mio corpo (perlomeno a certi livelli di intensità e senza infortuni) e che è stato (ed è ancora) possibile grazie ad una certa variabilità introdotta sia nel saltare che nel muovermi in generale.

Nel pratico, ora che ho raggiunto un certo livello soddisfacente con lo stare in equilibrio sulle mani, spezzare con sessioni di verticalismo la frequenza di salto è un'opzione gradevole e che mi permette un relativo fattore di recupero.

Anche intervallare sessioni di salti specifici dove c'è più enfasi sul fattore esplosivo dello stacco, ad altre dove ci si concentra più sugli atterraggi e forti impatti, è una variabile che sto sperimentando che presenta una buona utilità anche sul fattore intensità/low impact. Ovviamente lasciando un po' l'istinto e l'esperienza alla guida, senza che vi sia una rigorosa programmazione da rispettare.

- Obbiettivi: scremate ciò che volete fare in base a quanto tempo potete dedicargli (a meno che non abbiate la plasticità d'apprendimento di un bambino talentuoso). Meglio avere poche certezze che un mucchio di possibilità appena abbozzate. Se poi come me non sapete scegliere, allora fatevi ispirare da ciò che vi va bene in un certo periodo, esauritelo nelle possibilità, rendetevelo facile e passate ad altro.

- Nutrimento: se il tuo carburante è di scarsa qualità o alla peggio se te ne manca o eccede, puoi sperare solo nella capacità adattativa del tuo corpo. Impara a mangiare, metti la testa su qualche concetto di base di nutrizione (macronutrienti, dieta bilanciata etc.), ascoltandoti bene e approcciando scetticamente tutte le diete miracolose propinate da internet, senza negarti qualche esperimento per capire cosa funziona per te.

- Costruzione forza: mettetevi l'anima in pace, i vostri salti saranno inevitabilmente sacrificati in questa fase. Anche se conviene sempre muoversi per tenere una linea continuativa alle tecniche e dare immediato transfert al lavoro (oltre che per testarsi psicologicamente), non pretendete l'assurdo da voi.
Il vostro fisico/cervello verosimilmente è già al limite dallo stress esercitato da squat, piegamenti e quant'altro fate, l'infortunio per sovraccarico o disattenzione dietro l'angolo. Piuttosto date una giusta misura al vostro allenamento della forza e al movimento libero, in maniera che l'uno non sia troppo impattate per l'altro.

- Impatti: pigliatevene. Se volete che il vostro fisico sia resiliente a questi, non c'è scusa ma dovete esporvici periodicamente, anche se non siete al 100% in salute (ma magari non al 50%). Ricollegandosi al fattore intensità, dategli la giusta frequenza e il giusto tempo di recupero nell'arco della vostra settimana di allenamento, in modo da ottimizzarne la metabolizzazione.

Infine: la pratica del Parkour (o di una qualsiasi pratica di movimento) è un contenitore-voragine al quale si sacrifica una notevole quantità d'energia, ma che se non è capace di restituirvene almeno un po' all'occorrenza, allora non va.
Significa che la vostra disciplina è un parassita più che un'entità in simbiosi con il vostro essere.

Cercate periodicamente il divertimento in ciò che fate, anche se non è il vostro focus principale. Ne beneficerete tanto nell'apprendimento che nel vostro benessere psico-fisico.
Altrimenti vi troverete nel ruolo di Atlante che regge la volta celeste sulle spalle per punizione divina, con la differenza che voi lo farete per scelta. Ruolo che se non vi calza bene (magari perché state caricando già altri pesi sulla schiena), verosimilmente vi farà arrendere al peso schiacciante di una pratica che non si vive più per piacere.