Mi trovo in una casa, un ambiente mai visto ma che percepisco come di mia proprietà. Luci soffuse, buio all'esterno, sensazioni di essere isolato da altre abitazioni, forse in collina, la pioggia batte all'esterno. Siedo con malinconia su un sofà, credo rosso, una sensazione di solitudine opprimente, un lutto per una moglie che non c'è più. Guardo un acquario, forse vuoto o forse con degli apatici pesci rossi all'interno, o desidero che ci siano, mi rendo conto che vorrei qualche animale a farmi compagnia più interessante di alcuni apatici pesci rossi. Mi alzo per recarmi in quella che credo sia la stanza riservata ad un mio parente, uno degli oggetti sopra un comò attira la mia attenzione: è una specie di immagine sacra, forse una madonna, forse in vetroresina, con una specie di illuminazione al neon come cornice o qualcosa di simile, che mi causa repulsione estetica. Il sogno finisce o forse chiudo la porta.
Sono al casinò di Melbourne, sto fissando degli orrendi pesci rossi, grandi e stipati a decine dentro un acquario, un sorriso perenne ed inquietante sui loro volti mi sfida. In questi giorni ho imparato a perdere ancora un po', l'occasione del lavoro nella fattoria di farm è sfumata, oggi mi ha persino chiamato il mio amico da Belfast dicendomi che è stato licenziato e in una settimana si è sputtanato quasi duemila dollari -non chiedetemi come, mi ha risposto che non lo sa- ed è rimasto al verde. Qualche giorno fa se n'è andato anche il mio lettore Mp3, probabilmente l'ho appoggiato su una delle scrivanie qua fuori dalla mia stanza mentre chiamavo a casa o mi è caduto e qualcuno ne ha approfittato... questo è stato il colpo più duro, ma cerco di vederla come fattore positivo dell'avere meno strumenti che mi isolino dalla comunicazione quando sono in giro, magari avendo sempre associato una canzone ad una sigaretta ora mi sarà più facile smettere seriamente di fumare. Poi ho perso anche i capelli, una rasoio se li è presi e se li è portati via. Forse un banale gesto rituale, un simbolico tenere i "pensieri in ordine" o desiderare un cambiamento, di più la praticità di non avere sempre tanfo in testa lavorando in una cucina, essere meno stressato dal sentirmi trasandato, tanto voler assomigliare a me stesso. Si perché è qualcosa di cui mi rendo sempre più conto, il voler assomigliare a qualcun altro e non a me stesso, il cercare di vivere vite altrui, il rifarsi crescere i capelli per avere un immagine di me che non avrò mai e che sarà una pallida imitazione dei miei "modelli di successo". Ma il gatto non sarà mai felice se farà la vita del cane, o no?
Mi sto allenando in compagnia, una mattinata dalla luce intensa e fredda, colori allo stesso tempo lividi e luminosi e abbaglianti come solo la luce del sole australiano rende veramente. Eseguo un po' di salti di precisione consecutivi su un marciapiede lastricato, seguendone il senso accanto ad un edificio che potrebbe essere la International Gallery of Victoria. Sono leggerissimo, come se avessi meno gravità, 5 metri orizzontali di salti con atterraggio leggero e controllato, subito pronto a scattare con potenza per i successivi. Più avanti c'è un dislivello, una balaustra-muretto che porta ad un livello inferiore dell'edificio dove ci sta un'impalcatura. Ora sono là sotto che faccio qualche volteggio, dalla balaustra in alto vedo piombarmi addosso un altro praticante che sta eseguendo un'acrobazia complicata e mai vista, dalla quale capisco di non essere l'unico a beneficiare della minore gravità. Lui mi vede e riesce a deviare in aria schiantandosi su un supporto dell'impalcatura a terra; sento un leggero senso di colpa, responsabile per ciò che è successo, ma subito dopo cosciente di essere stato al mio posto e che non spettava a me il controllare cosa c'era sotto. Gli domando come sta, lui si sta rialzando e risponde che sta bene, non si è fatto niente. Tutto si è svolto con la leggerezza e serenità con cui è iniziato.
Un amico che bazzica psicologia e ne sa qualcosa di interpretazione dei sogni mi dice che l'Australia mi sta facendo bene sostanzialmente, anche se è una grande prova di resistenza; imparo ad essere leggero ma mi mancano affetti autentici in mezzo a tanti superficiali, che vanno e vengono, a pesci rossi apatici. Sto imparando a rinunciare sempre a più cose per stare qua, già lo facevo all'inizio ma ora è vitale per la mia sopravvivenza, anche se in qualche strano modo riesco a farlo con serenità; percepisco parte di tutto ciò come ascetico, anche la perdita del lettore mp3 stesso, la mia necessità di ascoltare sempre musica, necessità isolante anche in molti casi... ora vivo così, ho la mia vita semplice e la mia piccola cerchia di persone, nella mia Melbourne sempre più spenta e disabitata. Anche alcuni del gruppo degli irlandesi se ne sono andati, o meglio un paio sono stati cacciati fuori, una delle ragazze -per l'aver scatenato una rissa da ubriaca con altre ragazze- e il capetto del gruppo -quello più fastidioso-, al quale hanno smesso di perdonargli comportamenti sempre al limite quali il lanciare sgabelli sui tetti degli edifici vicini sul retro per sfogare la propria rabbia alcolemica. Così alcuni gli hanno seguiti su un nuovo ostello o altri se ne sono semplicemente andati per la loro strada, mentre per me la vita procede così, una ventina di ore su un ristorante che mi permettono a malapena di salvare una ventina di dollari a settimana ma che perlomeno mi garantiscono dei pasti a gratis, qualche chiacchiera coi colleghi, qualche momento di svago con la ragazza cilena e l'amico tedesco, o il pizzaiolo vicentino conosciuto qua in ostello che ora sta in appartamento, un paio di allenamenti a settimana.
Mi ritrovo spesso a pensare ai miei 4 mesi, ai miei obiettivi e mi rendo conto della futilità di parte di ciò a cui ambisco, a quanto per me il cercare di fare quello che mi sono imposto sia vitale e se le cose non vanno come nei piani entro in crisi; una vita programmata che mi rende statico, che non mi fa apprezzare la spontaneità delle situazioni vissute e le porta in secondo piano rispetto alla delusione degli ideali che non si realizzano. Certo di lavoro ne ho ancora da fare, soprattutto nello stare con le persone, ma in fin dei conti non penso più che 4 mesi siano stati sprecati, non del tutto almeno. E mi rendo conto che tutti i posti che voglio visitare in verità non li voglio vedere solo per farci qualche foto e dire di esserci stato, ma li voglio visitare con altre persone, divertirmi, fare cazzate e cose uniche che possa portarmi sul cuore per il resto della vita. Ed è questo, il confronto con le vite altrui, le esperienze che leggo, che mi ha reso veramente insoddisfatto fino ad ora.
Ho avuto compagni di viaggio più o meno temporanei coi quali mi sono divertito, ho parlato e scherzato, ma quello che mi manca ora è qualcuno che sia come me, poche idee chiare ma voglia di esplorare, di mettersi all'avventura con testa ma pur sempre con voglia di divertirsi... credevo potesse essere il tedesco, ma lui ora ha il suo lavoro ben pagato, i suoi soldi da spendere, i suoi obiettivi che coincidono sempre meno coi miei, come lui idem la sua amica cilena mia room-mate. Sono più vecchi, con la loro visione del mondo più o meno consolidata, le idee più o meno chiare; la loro prerogativa è guadagnare soldi qua e rimettersi in viaggio per altri anni ancora. Ogni tanto sarei tentato di seguire i loro passi, starmene lontano da casa per anni, andare ovunque, come fanno molti altri che ho incontrato qua, come ha fatto uno dei chef dove lavoro, quello olandese che è partito nel 2006 in viaggio per il mondo e 6 anni dopo è a Melbourne a fare il cuoco, o quello delle Mauritius che ora qua ha moglie e figli 7 anni dopo aver dato l'addio alla sua isola natale senza averci rimesso più piede.
Onestamente non so se riuscirei a fare mai una scelta del genere, questo quasi comporta il troncare con una vita, con amicizie ed affetti vari, e richiede un grande ego per ovviare alla solitudine del viaggiatore. Il mio povero amico tedesco avrebbe voluto ovviare a ciò con la sua amica cilena, ma come me è troppo lento, troppe seghe mentali e poco impulsivo... mi sono stupito con la facilità con cui lei si è buttata tra le braccia dell'inglese in camera nostra, un altro viaggiatore di professione, un tizio simpatico che lavora e nel tempo libero fuma tonnellate di erba. Questo credo mi abbia aperto qualcosa dentro, vedere come persone decise facilmente cadano tra le braccia l'un l'altra per chiudere quella falla nel cuore che comporta una scelta così grande del stare lontani da casa anni, sapendo di poter fare affidamento solo su se stessi. Forse è stato ciò a smuovermi il primo sogno, la coscienza di sentirmi solo in questo momento, di voler qualcuno con il quale condividere obiettivi, desideri, divertimenti o semplicemente qualche ora di amore, per stare bene, annegare gli insuccessi, sentirsi vittoriosi. Il capo cuoco australiano di origine maltese mi ha domandato "cosa voglio fare da grande"; "I don't know" gli ho risposto, ora come ora sarebbe "voglio essere felice". Sarò capace di esserlo ora?
Ho avuto compagni di viaggio più o meno temporanei coi quali mi sono divertito, ho parlato e scherzato, ma quello che mi manca ora è qualcuno che sia come me, poche idee chiare ma voglia di esplorare, di mettersi all'avventura con testa ma pur sempre con voglia di divertirsi... credevo potesse essere il tedesco, ma lui ora ha il suo lavoro ben pagato, i suoi soldi da spendere, i suoi obiettivi che coincidono sempre meno coi miei, come lui idem la sua amica cilena mia room-mate. Sono più vecchi, con la loro visione del mondo più o meno consolidata, le idee più o meno chiare; la loro prerogativa è guadagnare soldi qua e rimettersi in viaggio per altri anni ancora. Ogni tanto sarei tentato di seguire i loro passi, starmene lontano da casa per anni, andare ovunque, come fanno molti altri che ho incontrato qua, come ha fatto uno dei chef dove lavoro, quello olandese che è partito nel 2006 in viaggio per il mondo e 6 anni dopo è a Melbourne a fare il cuoco, o quello delle Mauritius che ora qua ha moglie e figli 7 anni dopo aver dato l'addio alla sua isola natale senza averci rimesso più piede.
Onestamente non so se riuscirei a fare mai una scelta del genere, questo quasi comporta il troncare con una vita, con amicizie ed affetti vari, e richiede un grande ego per ovviare alla solitudine del viaggiatore. Il mio povero amico tedesco avrebbe voluto ovviare a ciò con la sua amica cilena, ma come me è troppo lento, troppe seghe mentali e poco impulsivo... mi sono stupito con la facilità con cui lei si è buttata tra le braccia dell'inglese in camera nostra, un altro viaggiatore di professione, un tizio simpatico che lavora e nel tempo libero fuma tonnellate di erba. Questo credo mi abbia aperto qualcosa dentro, vedere come persone decise facilmente cadano tra le braccia l'un l'altra per chiudere quella falla nel cuore che comporta una scelta così grande del stare lontani da casa anni, sapendo di poter fare affidamento solo su se stessi. Forse è stato ciò a smuovermi il primo sogno, la coscienza di sentirmi solo in questo momento, di voler qualcuno con il quale condividere obiettivi, desideri, divertimenti o semplicemente qualche ora di amore, per stare bene, annegare gli insuccessi, sentirsi vittoriosi. Il capo cuoco australiano di origine maltese mi ha domandato "cosa voglio fare da grande"; "I don't know" gli ho risposto, ora come ora sarebbe "voglio essere felice". Sarò capace di esserlo ora?
Non so se riuscirò a mantenere questo lavoro, la velocità che mi è richiesta è alta a paragone con la mia esperienza, gli accenti e le parole sconosciute non aiutano ad agire con rapidità e degli ultimatum mi sono già stati imposti, ma cerco di prendere questo momento per quello che è e di apprezzarlo, non come un inesorabile scandire delle ore. Mille tentativi falliti che dicono che l'uomo non è fatto per volare, ma io mi preparo nel frattempo sempre ad ali spiegate.
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