venerdì 10 dicembre 2010

arte

Lungi dal chiamare arte ciò che faccio, mi piace fantasticare che un giorno arriverò a trasmettere emozioni con ciò che riesco a creare e a trarne soddisfazione, anche se, considerata la mia costanza e pigrizia (che mi hanno fatto già perdere confidenza nel disegno a mano libera), la vedo una strada difficile. 
Crogiolandomi nelle mie fantasie da aspirante artista - come dice Pasolini "Perchè realizzare un'opera, quando è così bello sognarla soltanto" - qualche volta abbandono la sfera dei soli pensieri per cercare di realizzarne almeno una minima parte. Come sempre la parte più difficile è quella di fissare l'immagine che si ha in testa e concretizzarla, e qua io cado miseramente e ricorro alla mia capacità di improvvisare per salvare le idee, anche se il risultato non è mai quello che ci si è prefissati.
Questo è uno dei miei ultimi sforzi, quarto di una serie incentrata sulle architetture di fantasia estrapolate da oggetti meccanici fotografati a lavoro (particolari di filtri anti-polline, motorini ventole, sonde per serbatoio etc.) e l'iterazione del mio personaggio con esse, come se fossero cosiddetti "spot" per i miei allenamenti.

Il risultato non mi soddisfa appieno, mi convincono ancora poco le ombre, le prospettive e la complementarietà della mia figura con l'ambiente circostante, tutto sommato il risultato è migliore di quanto sperassi e spero lo possano apprezzare anche i futuri lettori.
Architecture IV

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