domenica 19 dicembre 2010

Zero tolleranza

Mi ritrovo sempre più sopraffatto dall'indignazione di fronte al mondo di ogni giorno, disgustato dalla stupidità della gente, dalla loro totale mancanza di giudizio e dalla loro comunque ostinata brama di giudicare. Sembra un paradosso, ma nell'era in cui la comunicazione è una costante in ogni minuto, l'incomunicabilità regna, la pigrizia mentale nel voler elaborare concetti complicati, o perlomeno affrontarli con una crescita che porterà in qualche modo a migliorare la propria capacità di pensiero è un freno evolutivo per l'uomo stesso, che si gongola tronfio nella convinzione di avere chissà quale verità in mano. È così da sempre, si dice, ma è anche vero che oggi l'uomo ha a disposizione un'infinità di mezzi di quanti ne aveva un tempo, ciò nonostante li rifiuta, continua ad essere bacatamente un pupazzo imbrattato di propaganda, di slogan idioti, di idoli da adorare -che poi deludono e poi ancora "aveva ragione l'altro, seguiamo quello"- e così via... E io questo non lo accetto, mi scopro sempre più mostro anch'io, intollerante di minoranza, ottenebrato dalla superbia, dall'arroganza che offusca la capacità di giudizio che ho costruito negli anni, ragionando su ciò che mi circonda, cercando di mettere da parte il mio ego ingordo per spiare quali verità ci sono dietro le maschere. Questo di certo non mi ha ancora reso un uomo migliore, non riesco ad applicare totalmente alla mia vita quello che amplio nella mia coscienza, ma di una cosa sono sicuro, l'indignazione che provo, la rabbia, è una bestia oscura che si agita per azzannarmi alla gola, ma figlia comunque della giustizia -si, la mia giustizia- che deve portare comunque a combattere ciò che è sbagliato a priori, ad avere zero tolleranza per quelli che sono comportamenti spudoratamente criminali, che minano alle libertà individuali per tutti, che sono state conquistate con martiri e sacrifici.





Sono stato vago fin'ora, ma si sarà notato qualche accenno vagamente politico, per avvicinarsi al punto c'è uno scenario, che è quello dell'Italia di oggi (escludo per ora il mondo, anche se si sa che tutto il mondo è paese), l'Italia della corruzione da impero decadente, satura di burocrazia e tassazione, sfigurata dall'impoverimento economico dei ceti sociali alla base delle spirali di piramidi sociali, e ancor peggio da quello culturale e morale dei vertici di tali piramidi, come fossimo in un medioevo tecnologico, un nuovo feudalesimo di servi della gleba informatica. Gli studenti protestano in piazza per quella riforma che lacererà una scuola pubblica già sanguinante, a favore della privatizzazione che porterà sempre più in alto un ottuso sistema castale. La violenza esplode ovviamente, la propaganda si attiva e i paladini della morale pubblica, in veste di gentili colleghe d'ufficio, s'indignano facendosi forza orgogliose con dichiarazioni epiche quali "tutti in carcere a bastonate" "studenti che non hanno voglia di lavorare, irriducibili violenti" ironici commenti su come bisognerebbe "sparargli addosso", contrapposti a più edulcorati "sono dei violenti, non meritano d'essere ascoltati, la violenza non si giustifica". Queste le parole delle stesse persone che si troveranno a fare dei sacrifici considerevoli per poter dare un'adeguata istruzione ai loro figli, in modo che possano sperare in un futuro migliore dell'essere anche loro dei semplici impiegatucci stressati e sfruttati, a limite della malattia per l'ansia della loro condizione. E poi ci sono io, dall'altra parte, che cerca di tenere un professionale atteggiamento di distacco, deciso a non farmi trascinare ancora in inutili scontri sulla morale e sulla politica. Mi dico "che me ne fotte a me, gli universitari sono dei privilegiati, io non lo sono stato, mia madre non ha potuto e mio padre non ha voluto". Ma la lungimiranza si dissocia dall'ego mio, valutando il tutto con un'ottica più grande, quello al quale si assiste è la privazione di un'istruzione pubblica valida, già troppo costosa di suo e d'ora in poi sempre più accessibile solo per pochi, quelli che potranno permettersela, non di certo i figli degli operai alla fame, non di certo i figli che avrò e per i quali vorrò dare una possibilità in più di realizzarsi di quelle che ho io. E qua cedo, di fronte a tale ottusità di chi vede solo una massa di violenti che danneggiano proprietà private, senza vedere i quattro poliziotti che calciano un ragazzo a terra, ignorando i provocatori sospetti, rifiutando di informarsi sulla faccenda diversamente che dal tgregime1 e implicitamente lodando La Russa e i suoi fanatismi militareggianti, qua cedo e cado anch'io nello scontro, venendone fuori ferito, fatto passare per quello che giustifica la violenza, incapace ancora una volta di esprimere il mio pensiero in maniera coerente, sempre più rabbioso e spinto ad agire con la violenza di queste persone che credono che solo ciò che crea danni materialmente possa essere chiamata violenza. Com'è difficile...

P.S. Prosegue sui commenti...

1 commento:

  1. Questo post è nato come uno sfogo notturno d'insonnia, col senno di poi a rileggerlo lo si trova macchiato di qualunquismo, fattore che io aborro dal profondo. Per togliere qualche nodo al pettine, spiego meglio cos'è che m'infastidisce di più del trovarmi di fronte a tanta ottusità, ovvero il trovarmi ad affrontare queste discussioni con interlocutori non di basso Q.I. o provenienti da chissà quale situazione disagiata, ma persone che si presuppone abbiano a disposizione un bagaglio di cultura e sensibilità, e che nonstante ciò continuano a perseverare su giudizi privi di umanità e di informazione, dipendenti da un'ostentata fedeltà di famiglia, della politica di famiglia, dai capi di famiglia. E io questo non lo tollero, perlomeno lo comprendo fino ad un certo punto, capisco come un condizionamento perseguito negli anni nell'ambiente di crescita possa influenzare il proprio pensiero, ma non come un individuo dotato d'intelletto possa sacrificare un giudizio quantomeno vagamente obiettivo per uno violento o qualunquista, e al contempo proclamarsi cristiano di principi. C'è una contraddizione nei termini non indifferente, ed è questo a frustrarmi e a farmi regredire ad uno stadio di "zero tolleranza".
    Altro punto delicato che vorrei chiarire, è quello relativo alla violenza degli scontri a Roma (anche se ripeto, è solo uno scenario di una situazione ben più grande e generalmente critica): non giustifico la violenza, non approvo chi si è presentato al corteo con intenzioni bellicose, ma capisco l'esasperazione, capisco la voglia di fare rivoluzione che troppo è assopita tra noi giovani, e soprattutto capisco che se ci si trova ad una manifestazione enorme e qualche metro addietro iniziano dei tafferugli e la polizia tesa ti carica, capisco che bisogna difendersi, che l'istinto di soppravvivenza prevale, che l'andrenalina muta la paura in aggressività, e capisco che da là c'è solo un passo prima di ritrovarsi bestia senza controllo.

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